E’ in un freddo giorno di gennaio che io e il mio simpatico amico William partimmo per l’Inghilterra verso Londra.
Londra, un nome che tante volte era stato sulla mia bocca, sentito tante volte dalla gente, nei film, in tv ma una città nella quale non ero mai stato.
Ho viaggiato abbastanza, ho visto realtà diverse ma Londra ha avuto il potere di stupirmi ancora una volta.
Sembra di essere al centro del mondo. Quel rigore visivo dei quartieri, delle case, il pulito, la bellezza dei paesaggi, la completa soddisfazione nel vedere ciò che si vede mentre si cammina, passeggia, mentre si è in pulman.
E pensando per un attimo a dove il fato ci ha permesso di nascere, ti rendi immediatamente conto che vi è un’enorme differenza, del più basso livello in cui viviamo noi italiani e soprattutto in certe parti dell’Italia.
A Londra si vive bene, si è rilassati ma nello stesso tempo ti rendi conto che sei ad uno dei migliori possibili centri del mondo, le cose funzionano bene, sono gestite bene, i quasi 8 milioni di abitanti della città non ti danno fastidio, ci sono ma non ti senti nel caos fastidioso.
Non senti quel fastidioso stress pesante che puoi avvertire nello stare in mezzo al traffico di alcune città per esempio, dove il rispetto per il prossimo latita ed è anzi evitato, come se il nuocere al prossimo sia un modo per fare del bene a sé.
Non senti quell’abbandono diffuso intorno a te, costume usuale dell’italica patria. La cosa pubblica gestita a malo modo. Di chi ha il potere e se ne serve. Il posto in amministrazione pubblica visto come mezzo per arricchirsi piuttosto che come occasione per rendere migliore l’Italia !
Ricordo le prime volte che scendevo nei meandri della metropolitana (underground come si chiama a Londra), delle scale mobili ripidissime che chiudevano la visuale come un tunnel vorticoso che ti fa perdere l’equilibrio. Gente di ogni razza che sta lì al suo posto, sulla scala ben piantonata sulla destra per permettere a chi ha più fretta di “sorpassare” sulla sinistra. Tutto l’ambiente è riscaldato, tanto che io appena entravo sbottonavo il mio caldo manto di piume. Qualche minuto di attesa alle anguste fermate e arriva la metro, rossa e artistica anch’essa. Si sale e ci si siede sui divanetti, a pochi centimetri dalla parte opposta si siede l’altra persona. E così ti capita di avere per vicino una bionda inglesina barbiesca, un pittoresco inglese alla Sherlock Holmes con scarpe e cappotto inglesi, un simil hooligan nerboruto, un afro-inglese super curato, una cicciosa massaia londinese, un’asiatica, una indiana che sembra una modella ciocconesquik, una coppia che incurante di chi sta a loro intorno si sbaciucchia e si addormenta braccia nella braccia.
E io che gonfio di indumenti e rincollozzato da questa città incredibile me ne stavo lì, a vedermi la faccia specchiata dal vetro dalla parte opposta. Mi dicevo tra me e me : guarda lì che fesso, ma che sto a guardare tutto intorno e a meravigliarmi di tutto questa bellezza che mi sta vicino? Ma non lo sapevo che era così? Si vede proprio che sono un italianotto! Si vede proprio che devo sapere di non sapere niente!
Bè, vicino a me ho un personaggio particolare. Il mio amico William che ha una simpatia naturale e basta che parli e dica qualcosa in dialetto che mi fa scordare del mio isolamento meravigliato a ferruginare su mondo e mi fa ridere. Indimenticabili le sue espluat il lingua maccheronica inglese con gli addetti della metro, con la ragazza parigina trasferita a Londra (la preferisce), le fermate improvvise ai più disparati personaggi per chiedere la direzione giusta verso cui andare. Il bello è sentirlo ascoltare seriamente e dire “yes yes” a colui che parla mentre ovviamente non ha capito quasi nulla di quello che dice.
Il tono accesso dei colori nelle strade, i grattacieli che non lasciano fiato, i palazzoni barocchi perfetti stupendi, i parchi di un verde acceso, gli alberi secchi spettrali, le oche dallo starnazzare a tromba, la gente che passa e non ti urta o se ti urta ti chiede “sorry” e te lo dice quasi insistendo,
Le donne bellissime, artistiche, vestite da urlo, dallo sguardo che non dimentichi, quasi ti fanno ricredere sull’amore che non esiste bla bla bla
E poi chi ha detto che gli inglesi sono freddi e senza humor? Sempre pronti al sorriso appena capiscono che tu stai “interagendo simpaticamente” con loro, anzi ci scherzano su anche loro.
Poi civili. Civilissimi. Precisi ma anche pronti alla fantasia. La lingua inglese ovviamente è nata qui. Precisa e impeccabile a differenza dell’americano. E’ un piacere sentirla. Ricordo ancora il piacevole sentir parlare di un tassista anzianotto e molto “lord” che mi ha fatto capire come pronunciavo io male “Stunted”. Oppure il pronunciare di “Soho”.
Londra è secondo me una fucina di mode, musica, modi di vivere, esempio per molte e molte altre città.
Una vetrina per mostrarsi al mondo.
Un esempio per tutti i numerosi club famosissimi in cui hanno suonato e mosso i primi passi gruppi come i Beatles, Rolling Stones, Cure, Sex Pistols, Ramones, Pink Floyd, Ian Curtis con i suoi Joy Division.
Ricordo una sera che giravamo nei dintorni di Soho vicino Piccadilly Circus e gli occhi mi andarono ad un’insegna con luce soffusa, vi era scritto “Marquee Club”, il mio cuore ovviamente sussultò e le mie dita iniziarono spasmodicamente a cercare la fotocamera. Il Marquee !! Forse il più famoso club di Londra dove hanno suonato musicisti divenuti poi famosissimi. Addirittura un gruppo famoso, i Television, ha dedicato un album memorabile come Marquee Moon.
E poi il nostro notturno tornare in hotel, verso il nostro quartiere vicino alla Victoria Station, quartiere pulitissimo e di notte molto tranquillo, qualche pub, una taverna, odore di cipolla arrostita nell’aria, un grattacielo enorme a svettare silenzioso, casette e portoncini con pesanti strati di vernice brillante bianca o scura, simili alle casette viste su Dylan Dog o nei film noir, le macchine ogni tanto passare e squarciare il silenzio con andatura semi tranquilla e dal rumore pacato, un suono di sirena della polizia in lontananza ti ricorda che i film che vedevi sono la realtà, e infine l’hotel, una rampa di scala, poi aprire la stanza e vedersi attori del film, le tendine bianche aperte e al vento, i vetri delle finestre a discesa, la pesante moquette, tutto in legno, la nebbiolina bianca scendere per le strade, William a fare il check mail con il segno della croce, e io sdraiato sul pacioccoso e morbido letto a sognare guardando fuori mentre la notte vive.
Ricordo con simpatia Il nostro irrompere nel quartiere di Soho, le mille luci e insegne, i locali famosi, con la sua gente pittoresca per le strade veramente multirazziale, i negozi di ogni tipo, i ristorante delle più svariate nazionalità, le stradine, i colori e visioni molto molto artistici, i pub agli angoli con le lucine, la gente dentro sempre da “film”, le figure di donne inglesi che scopri che ti stanno guardando nascoste, con gli occhioni dolcissimi, dall’abbigliamento carnevalesco e veramente lontano dalla stupida nostra moda fatta di marchi (ricordo ancora una ragazza no comment vestita da crocerossina, io ebete che sorridevo e non sapevo perché. Sembrava dirmi, ehi senti io non sono come le altre, ti amo, peccato però stai andando via, non ci vedremo mai più e il nostro amore è già finito).
E poi gli inglesi non fumano o fumano poco! Un altro segno di civiltà e di avanti nel tempo che ho avuto modo di constatare anche in altre parti del mondo come Vancouver.
Cosa ricordare ancora. La visita a Backingam Palace, le torri di Londra, il big ben, il big eye, l’aquarium (visti però da fuori), il British Museum, la city.
E poi la visita a Nothing Hill, in quel quartierotto residenziale fatto di dolci casette, giardini ma anche di enormi Hotel a 5 stelle e palazzi ciclopici, quel finire della sera a parlare con l’amico William seduti in panchina nel parco (enorme), mentre i rumori di Londra in lontananza si facevamo sentire sottilmente, mentre una coppia chiamava per nome il cane smarrito, un vecchietto di mezza età cercava la perduta forma facendo footing, dei turisti immortalavamo il rosso tramonto insieme a cigni ed acqua.
E io pensavo. Seduto sulla panchina mezzo raffreddato. Col sorriso sulla bocca a vedere W mezzo morto dalla stanchezza a toccarsi il “fegatiello” che pulsava di dolore J. Pensavo a come sia stato bello scoprire Londra. A come sia stato bello capire come può vedere il mondo un inglese che abita a Londra. A cosa sia davvero importante in questo piccolo mondo. A come non valga la pena affannarsi per niente.
A come sia bello in fondo vivere e sorprendersi ancora.
Londra è stato quindi un bagno di “mondo”, un viaggio, una città che non possono non soddisfare.
Andateci. Magari anche a vivere se volete vivere in uno dei migliori posti del mondo, lontano parecchio dalla civiltà italiana e dal mondo in cui siamo convinti di vivere “al massimo possibile”.
LONDRA FOTO VARIE
|
|
|
|
|
|
|
|
|