La felicità è lo stato d'animo (emozione)
positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.
L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv.
felix-icis, "felice", la cui radice "fe-"
significa abbondanza, ricchezza, prosperità.
La nozione di felicità, intesa come condizione
(più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di
rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero
che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal
greco eudaimonìa) solitamente tradotto come "felicità".
Tale concezione varia, naturalmente, col
variare della visione-concezione del mondo (weltanschauung) e
della vita su di esso.
Le sue caratteristiche sono variabili secondo
l'entità che la prova (eg. serenità, appagamento, eccitazione,
ottimismo, distanza da qualsiasi bisogno,
ecc.).
Quando è presente associa la percezione di
essere eterna al timore che essa finisca.
L'uomo fin dalla sua comparsa
ricerca questo stato di benessere.
La felicità è quell'insieme di emozioni e
sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano benessere e
gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita.
Se l'uomo è felice, subentra anche la
soddisfazione e l'appagamento.
Per un genio come Albert Einstein la felicità è
una vita calma e modesta.
Per il sociologo Zygmunt Bauman è riuscire
a superare le difficoltà.
Secondo gli psicologi si tratta sia dell'emozione
temporanea che proviamo quando stiamo bene, sia della serenità che viene
dal sentirci realizzati, che è più duratura.
E' vietato pensare che serva un partner per
sentirsi più sereni : uno studio tedesco condotto su oltre 24 mila
persone ha dimostrato che il matrimonio in media aumenta solo di poco
la sensazione di felicità, specialmente se l'individuo ha già
un'ampia rete sociale.
Non conta quindi la fidanzata o il fidanzato,
contano invece le relazioni, di qualsiasi natura.
Studi
su bimbi di dieci anni mostrano che a quell’età si è già capaci di
riconoscere la felicità e per la maggioranza è un’esperienza che si
prova nelle interazioni con gli altri.
Perché non sia effimera, poi, la felicità va condivisa.
Non
condivisa per forza sui social, anzi spesso su Instagram, Facebook, etc.
si postano momenti felici per mettersi in mostra, non per gioire davvero
insieme agli altri.
Le
reti sociali ove la felicità diventa contagiosa sono quelle delle
persone vere in carne ed ossa, come dimostra una ricerca
dell'Università di Yale condotta analizzando l'enorme mole di dati del
Framingham Heart Study (iniziato nel 1948), stando ai risultati per
essere felici è bene circondarsi di persone che lo sono già, visto che
per ogni amico felice cresce del 9% in più la probabilità di esserlo.
La
felicità insomma dipende tanto da quella di chi ci è vicino : se si
è felici si influenzerà in positivo i propri amici, i loro amici e gli
amici dei loro amici.
Oltre a scegliere bene le compagnie, bisogna anche vivere nel posto
giusto : la sensazione di benessere psicologico è più elevata
all'interno di comunità ospitali, che favoriscono i contatti
sociali spontanei (parchi, ristoranti, circoli, cortili
condominiali) e che siano architettonicamente belli, con un bel
pò di spazi verdi.
E'
dimostrato che chi cammina spesso in parchi e boschi le aree cerebrali
dove di solito si rimuginano i pensieri negativi sono meno attive, cioè
vuole dire che si tratta di persone più contente.
Da
questo punto di vista i soldi, la ricchezza economica non conta per
essere felice : chi vince alla lotteria non è più felice di chi non
ha mai vinto neppure a tombola.
Se
non mancano le risorse per vivere, quel che c'è in più non cambia
granché lo stato d'animo : comprare una macchina nuova o un
accessorio alla moda potrà dare un piccolo momento di piacere, ma non
modifica il livello generale di felicità.
Semmai bisognerebbe comprare il tempo, spendere per servizi che ci fanno
risparmiare tempo come ad esempio ordinare cibo consegnato a casa o
chiedere aiuto per le faccende domestiche, rende più felici rispetto a
pagare per oggetti materiali.
Il
senso della felicità è tutto qui : bisogna entrare in contatto con
se stessi e capire che cosa ci fa stare bene davvero e poi andare verso
quella direzione.
Non è
mai troppo tardi per domandarselo.
Per
riuscire a capirlo però bisogna rallentare, prendersi tempi e spazi per
sé : pochi lo fanno, eppure è il primo vero passo per la felicità.
Le
"ricette facili" non funzionano se prima l'individuo non ha capito
che cosa vuole.
Una
vita felice non è una sorta di nirvana in cui tutto fila liscio : gli
ostacoli servono e spronano a mettere in campo le nostre migliori
risorse.
Essere
felici significa essere consapevoli di dover attraversare fasi negative
: sono queste che fanno intervenire la nostra parte volitiva, vitale,
per cavarcela e poi vivere appieno i momenti belli.
Bauman (grande sociologo, filosofo e accademico polacco) diceva
la felicità più duratura è quella che arriva dopo aver superato le
avversità, quando finalmente si può dire "ce l'ho fatta".
L'uomo ha delle necessità primarie, secondarie
e sovra strutturate, di solito l'appagamento di queste necessità e il
raggiungimento dell'obiettivo dettato da un bisogno procura gioia
da cui deriva anche la felicità.
La felicità studiata sotto il profilo dei
bisogni (primari, secondari, ecc) porta a valutazioni e definizioni
non solo psicologiche e filosofiche diverse, ma anche materiali, per
questo motivo la felicità è stato ed è studio di ogni scienza
umanistica.
Rimane chiaro che la divisione è fatta per
chiarire le varie componenti di quello che è lo stato della felicità
della persona, ma essendo l'uomo una unità indissolubile di
psiche-corpo-spirito è chiaro che si parla sempre di tutte le
componenti che si influenzano tra di loro.
Se mi fa male un piede è molto più facile che
io sia triste piuttosto che allegro e felice.
La felicità appartiene alla sfera del
trascendente per quanto riguarda la sua sostanza definitiva, oggetto
della ricerca dell'individuo.
Essa però possiede a sua volta un fondamentale
caposaldo nella condizione immanente dell'io, frutto della
soddisfazione di bisogni primari dovuti agli istinti e agli impulsi
biologici, quali ad esempio la fame, il sonno, l'appagamento
sessuale.
Essi possono essere considerati come parte
integrante della felicità, ma non come unica costituente della
stessa. I bisogni biologici creano una condizione di attesa e di
infelicità che tende a risolversi nel momento in cui si appaghi il
proprio bisogno primario: l'appagamento ottiene una condizione di
serenità e di tranquillità che produce felicità biologica,
identificabile con il piacere, la quale influenza anche le
altre componenti come la psiche e lo spirito, ciononostante
l'appagamento biologico è sottoposto ad una temporaneità
irrevocabile, frutto del continuo ripresentarsi di pulsioni e
istinti dopo il breve periodo di compimento degli stessi.
A livello anatomico recenti studi di
elettrofisiologia e immunoistochimica sviluppano il concetto
introdotto da Papez sulla centralità del sistema limbico nel
procurare una reazione di natura certamente chimica e elettrica
(equivalenti secondo la legge di Nerst), causale di quella
che viene definita percezione della psiche e degli sbalzi di umore.
Epicuro in una Lettera sulla
felicità a Meneceo lo ravvisava sul fatto che non
c'è età per conoscere la felicità: non si è mai né
vecchi né giovani per occuparsi del benessere dell'anima
(e cioè di "filosofare", amare il pensiero).
Per Epicuro la felicità e la
conoscenza delle cose fanno lo stato di felicità.
Nella sua vita naturale l'uomo
allontana da sé il dolore sia fisico (aponia) che
psichico (atarassia) e l'assenza di queste due cause
porta al raggiungimento della felicità.
Ma non è sufficiente: Epicuro
sostiene che si deve provare piacere e quindi classifica
i piaceri dividendoli in tre grandi categorie:
- I piaceri naturali e
necessari, come: l'amicizia, la libertà, il
riparo, il cibo, l'amore, il vestirsi, le cure ecc.
- I piaceri naturali ma non
del tutto necessari come: l'abbondanza, il
lusso, case enormi oltre il necessario, cibi
raffinati ed in abbondanza oltre il necessario.
- I piaceri del tutto
accessori, come il successo, il potere, la
gloria, la fama ecc.
L'uomo, come già detto in
precedenza, ha anche delle necessità sovrastrutturate
come l'ambizione a migliorarsi, a crescere
intellettualmente, a primeggiare sugli altri, a
competere, a ricercare la verità delle cose che lo
circondano.
Per raggiungere questi obiettivi
l'uomo mette in campo tutta la sua passione, la sua
forza e la sua anima e quando raggiunge l'obiettivo che
si è posto trova un appagamento di felicità proprio
dell'intelletto, per fare un esempio molto più semplice
chi risolve un rebus, un cruciverba o un sudoku trova
del piacere nella soddisfazione propria della mente.
La felicità può essere il
raggiungimento di un desiderio, la soddisfazione di
vederlo realizzato.
Il mondo pubblicitario sa bene che
il consumo parte da un desiderio (o problema) e
l'acquisto del bene produce piacere e quindi felicità
,infatti, se il desiderio (o problema) non c'è loro lo
creano.
Il bisogno di felicità, sotto il
profilo psicologico, può essere anche una soluzione ad
un problema e la soluzione del problema dà l'appagamento
quindi gioia.
La felicità si sviluppa sia in
senso intellettuale sia materiale, sia fisico sia
psichico, sia affettivo sia emozionale.
Per fare degli esempi pratici su
come il valore della felicità cambi anche in virtù della
cultura e del contesto ambientale, la felicità può
essere un sorriso di un bambino, o l'acquisto di
una
villa con piscina,
può essere un matrimonio,
o la conquista dell'Everest, la pace dei sensi
o la vincita dei mondiali.
Nel terzo mondo il
raggiungimento di una ciotola di riso (bisogno primario)
è felicità.
Nei paesi ricchi il comprare
un'auto di lusso (bisogno sovrastrutturato) è felicità.
Sono due emozioni non comparabili
ma che fanno parte della felicità umana.
Secondo teorie contemporanee
la
felicità è provare ciò che esiste di bello nella vita.
Non è una emozione oggettiva ma
una capacità individuale, non è casuale come un evento
del destino ma una capacità da scoprire ed imparare.
Bisogna imparare ad essere felici.
La felicità non è inseguire i sogni ed aspettative di
domani, ma al contrario cercare di godere di quello che
sia ha oggi.
La felicità non è nel futuro,
ma solo nel presente.
La felicità è uno stato di gioia
solo del presente.
Spesso si inseguono i soldi, il
benessere, la fama, il successo, il potere ritenendo che
il loro raggiungimento dia la sensazione di felicità.
I soldi vanno e vengono, il tempo va e basta!
Secondo tali teorie questo
atteggiamento crea ansia che è in contrasto con lo
stato della felicità.
La corsa ci rende schiavi del
sistema, se uno è schiavo non è libero e quindi non è
felice, solo la libertà dal sistema ci fa vedere il
presente e ci fa gioire di quello che ci circonda.
Le persone hanno dentro di sé una
necessità di elevare la propria psiche a cose
trascendentali che le portino a soddisfare la loro sete
di conoscenza di verità e di infinito.
Le grandi religioni a tal
proposito cercano di dividere il concetto di felicità
procurato dalle cose materiali, definendolo piuttosto
piacere, da quello che è la felicità in senso
spirituale, raggiungibile con categorie come la
semplicità e la serenità dell'anima.
Un esempio nella storia dei santi
è quella di San Francesco, che era ricco, forse
anche felice, ma era una felicità non completa; ha
lasciato tutto è diventato povero ma completamente
felice interiormente.
La felicità assoluta per il
Cristianesimo per esempio è la visione di Dio.
Nel Vangelo in visione
escatologica c'è il passo delle beatitudini dove Gesù
elencando una serie di azioni dice come raggiungere lo
stato di beatitudine.
La psicologia più di tutte le
altre discipline ha studiato il comportamento della
psiche nello stato di felicità osservando le
manifestazioni comportamentali della felicità:
sentimento di maggiore libertà, fiducia in sé stessi e
negli altri, nonché ottimismo nei confronti della vita.
Sono stati effettuati studi sugli
effetti della felicità che analizzano la partecipazione
di più parti del corpo nei complessi meccanismi
biologici che si manifestano quando percepiamo
sensazioni definite di "felicità".
Si è osservato che le persone
felici affrontano meglio la vita e i rapporti con gli
altri.
La felicità ha due componenti
fondamentali, il raggiungimento del benessere del corpo
ma anche il raggiungimento della serenità dell'anima.
Solo il raggiungimento di entrambi
dà la felicità completa.
Il concetto di felicità è un valore
esplicitamente sancito in alcune Costituzioni e nella Dichiarazione
d'indipendenza degli Stati Uniti.
Nella Costituzione italiana il “pieno sviluppo
della persona umana” è valore sancito dall'art. 3.
La realizzazione sul piano oggettivo della
persona umana, della propria essenza, vale a dire su un piano
inter-soggettivo visibile e condivisibile da tutti, è intesa come
identica sul piano soggettivo alla felicità del singolo (come
sosteneva il filosofo Socrate).
La felicità ha dunque a che fare con la
privacy, nel suo aspetto difensivo ed evolutivo, è essenziale
per garantire la tutela della dignità della persona in ogni suo
aspetto e dunque garantire la sua felicità.
Rispettare la vita privata significa anche
permettere a ciascuno di realizzare i propri sogni, di non
rinunciare alla felicità nelle forme in cui la si identifica, di
decidere personalmente circa ciascun aspetto del proprio cammino.
Dunque realizzare i propri sogni è sviluppare
a pieno se stesso, trovando il necessario equilibrio per raggiungere
la propria felicità.
Il diritto alla felicità, la privacy ed il
correlato diritto all'identità personale (sancito tra i diritti
inviolabili ex art. 2 Cost., sent. Corte Cost. n. 13/1994)
rappresentano quindi un rovesciamento di prospettiva nei confronti
di imposizioni atte a trasferire sulla persona modelli
prefabbricati.
Ciascun essere umano è unico e come tale
irripetibile, artefice dei suoi progetti, non standardizzabile.
Il Paradosso della felicità, o paradosso di
Easterlin, analizza il rapporto tra felicità (o come indicato
nella ricerca "soddisfazione") di ogni individuo e la sua ricchezza.
Il risultato vede (e per questo diventa un
paradosso) un rapporto, oltre una certa soglia tra i due valori
indirettamente proporzionale, cioè a maggior ricchezza la
felicità si riduce.
Il
segreto della felicità sarebbe nella testa
: lo ha scoperto un gruppo di neurologi dell'università giapponese di
Kyoto, che ha individuato nel precuneo, una regione del cervello,
l'origine del sentimento più ricercato di sempre.
I ricercatori giapponesi
hanno studiato il cervello con la risonanza magnetica, arrivando a
scoprire che la felicità è come un fuoco : nasce con una scintilla, che
si accende "sfregando" pensieri positivi e soddisfazione personale.
E non è tutto : la
felicità può essere "alimentata". Come? Allenando proprio il precuneo,
ad esempio attraverso la meditazione la quale, secondo i ricercatori,
aumenta la materia grigia.
Un gruppo di volontari
coinvolti nello studio prima è stato sottoposto ad una risonanza
magnetica cerebrale e successivamente ha compilato un questionario volto
a valutare il livello di felicità e soddisfazione della vita.
E' emerso che le persone
più felici sono quelle con più materia grigia nel precuneo : più è
sviluppata questa regione cerebrale, più è facile trovare un senso
alla vita e
prendersi cura di sé stessi, da un lato vivendo intensamente la sensazione di felicità
e appagamento, dall'altro considerando meno influente la sensazione di
tristezza.
Lo studio è stato
pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
LA PIRAMIDE DEI BISOGNI DI MASLOW
La
"piramide dei bisogni" è uno schema inventato dallo psicologo Abraham
Maslow nel 1954 e serve a spiegare il modo in cui si sviluppano le
motivazioni umane basandosi su quali siano i bisogni più o meno
importanti.
Alla base di questa
gerarchia ci sono quelli essenziali per la sopravvivenza (respiro,
sonno, sesso, cibo).
Salendo verso il vertice
si incontrano quelli più immateriali (sicurezza, amicizia, autostima e
moralità).
La piramide è suddivisa in
5 fasce : bisogni fisiologici, di sicurezza, d'appartenenza, di stima,
di autorealizzazione.
I fisiologici sono i primi
a dover essere soddisfatti; poi nascono quelli di sicurezza, i quali
garantiscono protezione e tranquillità; quindi l'appartenenza, che
rappresenta la necessità di far parte di un gruppo; poi la stima e
infine l'autorealizzazione permettono di sentirsi soddisfatti.
Però, mentre i bisogni più
in basso nella piramide una volta risolti non si ripresentano, quelli
sociali e relazionali diventano sempre più ambiziosi, creando spesso
insoddisfazione.
PERCHE'
CONDIVIDERE LA FELICITA' CI FA STARE MEGLIO?
Riuscire a condividere la nostra gioia è un atto meraviglioso, non solo
per noi che ci concentriamo su qualcosa di bello e piacevole ma anche
per gli altri, per i nostri interlocutori, perché gli si permette di
vibrare di emozioni positive, e in qualche modo, di essere contagiati
dalla gioia.
Che sensazione dà vedere delle persone che sorridono felici condividendo
qualcosa? Se si pensa a qualcuno che ci racconta una bella storia, ricca
di emozioni positive, ci viene automaticamente il sorriso sulle labbra e
si comincia a percepire quelle meravigliose emozioni dentro di sé.
E' questo che che ci accade quando si vive una bella emozione ed è
quello che accade agli altri quando la bella emozione la trasmettiamo
noi.
Fare di tutto per vivere nella gioia e condividerla con gli altri è
meraviglioso per noi e per loro.
Come disse il premio Nobel per la pace Albert Schweitzer: “La felicità è
l’unica cosa che quando la dividi si moltiplica”.
Condividere significa avere lo stesso stato mentale felice, ovvero
essere felici insieme.
Ciò si può mettere in pratica ad esempio aiutando gli altri senza
aspettarsi nulla in cambio, in tal modo si rende felice il prossimo e di
conseguenza anche sé stessi.
D'altronde
essere
felici insieme, è un motivo di maggiore felicità, avere solo per sé la
felicità fa si che quella duri per poco, insieme rimarrà sempre.
Dal condividere la felicità scaturisce bellezza, se così si può definire,
una della più alte caratteristiche dell'essere umano, e la bellezza
stessa è felicità.
I
momenti belli e gioiosi non sarebbero tali se li vivessimo da soli.
Non potranno mai provocare nel nostro cuore la felicità che ci dà la
possibilità di potere condividere la semplicità della vita con persone
che ci amano.
La felicità è vera felicità, felicità piena, felicità maturata nella sua
più completa evoluzione, solo se è condivisa.
E ciò vuol dire che anche una cosa semplice, un qualcosa che ci fa
felici con poco, ci rende ancor più felici se la condividiamo.
L'uomo può evolversi e crescere solo in questa dimensione di apertura
all'altro, di
comunicazione,
è nella nostra natura.
Alcune
persone dicono di essere felici da sole, che non hanno bisogno di
nessuno, e probabilmente alla maggior parte di queste in passato è stata
inflitta una grande ferita da qualcuno di cui si fidavano e questo
li ha portati a non volersi più aprire più a nessuno.
E' da riflettere che ci
mettiamo pochissimo tempo a diventare felici quando amiamo qualcuno e
crediamo nel suo amore.
Ma quanto tempo ci vuole per dimenticare il dolore ed aprirsi di nuovo
alla felicità e all'amore ?
La felicità può scaturire da qualsiasi cosa, semplice o complessa,
microscopica o enorme e il condividerla la accresce esponenzialmente.
Persone sensibili e dall'animo nobile che riescono a coglierla nelle
piccole cose, dalla Natura che ci avvolge, in un verso, in un brano
musicale sono particolarmente spinte dal desiderio irrefrenabile di
condividere le loro emozioni, le loro sensazioni, scrivendo, dipingendo,
componendo, condividendo ciò che li ha resi felici.
E' la caratteristica dei migliori artisti, dei geni in ogni campo.
Queste persone sono illuminate dalla bellezza, la inseguono, la portano
alla luce, la fanno propria e la condividono, raggiungendo il culmine.
La verità, ciò che è vero è un'altra forma di felicità che scaturisce
dalla bellezza della sua scoperta, e ciò spinge i migliori scrittori, i
migliori scienziati e matematici a ricercarla, ad inseguirla, riempiendo
se stessi di felicità e l'Umanità intera quando viene poi condivisa.
Una ricerca pubblicata sul Journal
of Social and Personal Relationship suggerisce
che anche
parlare delle esperienze positive porta
ad un maggiore
benessere,
ad un
aumento della soddisfazione complessiva e
persino ad avere
più energia.
Quando raccontiamo qualcosa di bello che ci è successo o una buona
notizia ricevuta a qualcuno che amiamo la gioia che proviamo diviene
ancora più grande di quando quell'evento positivo é accaduto o di quando
abbiamo ricevuto quella bella notizia.
I ricercatori hanno scoperto che chi ha l’abitudine
di condividere con
le persone vicine delle cose buone che gli stanno accadendo e le emozioni
positive correlate,
tende anche a sentirsi
più felice e più soddisfatto della vita.
Inoltre più queste persone hanno condiviso la loro felicità con qualcuno
in un dato giorno, più felici e soddisfatte si sono sentite quel giorno.
I risultati suggeriscono che è il condividere la felicità e non il
pensarci
che aumenta
il benessere.
Questo particolare carattere di una persona denota anche una generale
bontà d'animo, empatia e filantropia, tipiche caratteristiche di persone
di elevato valore interno.
E soprattutto con chi non è abituato a ricevere, il condividere la
felicità, il dare, l'amore per il prossimo, il portare le altre persone
verso lo stesso proprio stato d'animo di felicità, porta ad un più pieno
senso di felicità personale interno e una soddisfazione di vita
generale.
Strappare
la bellezza ovunque essa sia e regalarla a chi mi sta accanto. Per
questo sono al mondo
(A. D'Avenia)
TOPTEN DELLE FELICITA'
DELL'OFFICE FOR NATIONAL STATISTICS BRITANNICO
- 1) Vivere vicino
a un parco o una piscina
- 2) Avere accesso
a servizi culturali come le biblioteche
- 3) Essere
fisicamente sani
- 4) Avere il tempo
per divertirsi e rilassarsi
- 5) Vivere in una
società equa
- 6) Avere i soldi
per fare ciò che si vuole
- 7) Essere liberi
- 8) Essere
soddisfatti della propria vita
- 9) Prendersi cura
gli uni degli altri
- 10) L'odore di un
barattolo di caffé appena aperto
FELICITA' ECCO I CINQUE "COMANDAMENTI"
Secondo Paul Dolan,
professore della London School of Economics (UK), basta poco per essere
felici. Infatti è sufficiente seguire queste regole :
1) Ogni giorno ascoltare
un brano della propria musica preferita
2) Passare del tempo
all'aria aperta
3) Rimanere cinque minuti
in più con le persone con cui si sta bene
4) Aiutare qualcuno
5) Vivere una nuova
esperienza
Alcuni eventi che di norma
sono considerati positivi possono invece rivelarsi negativi come ad
esempio una promozione sul lavoro, la quale può causare più stress e più
ore sottratte al tempo da dedicare a se stessi
I GENI DELLA FELICITA'
La vera felicità non risiede nelle virtù, come
diceva Seneca? Sembra risieda invece nel DNA, come dimostra la scienza
odierna!
A rendere felici le persone sarebbero infatti
alcuni geni che si "accendono" nel sistema nervoso centrale, nel
pancreas e nelle ghiandole surrenali.
A scoprire che le reazioni positive sono una
questione di Dna è stato uno studio della Vrije University di Amsterdam
pubblicato su Nature Genetics, il quale ha analizzato il genoma
di quasi 300 mila persone rilevando l'esistenza di tre varianti
genetiche associate alla felicità, due legate ai sintomi della
depressione e ben 11 collegate alla nevrosi.
Questo potrebbe far capire meglio il rapporto tra
ciò che ci ha dato la natura e ciò che apprendiamo con l'educazione.
LA CURA DI GALENO
CONTRO LA SETE DI POTERE E PER SUPERARE I DOLORI
Come si fa a superare un dolore? Galeno,
il grande medico dell'antichità del 200 dopo Cristo, parte da una
sua esperienza personale.
Nel 192 un grande incendio, evento frequente
nella Roma antica, aveva distrutto tutti i suoi beni custoditi in un
magazzino sulla Via Sacra.
Aveva perso non solo oro e argento ma anche le
cose più preziose per un medico di fama : libri rarissimi, farmaci
preparati con grande cura, antidoti introvabili.
Galeno spiega come ha fatto a non affliggersi.
Tutti soffriamo, dice, per il dolore fisico.
Ma molti soffrono per cose immaginarie.
C'è gente che piange giorno e notte, e non
riesce a dormire, perché vuole diventare ricca o più potente o più
famosa.
Ma cosa contano alla fine queste cose?
Bisogna sempre essere pronti a perderle.
Se pensiamo che tutto può svanire in un
attimo, la perdita non ci coglierà impreparati.
CONSIDERAZIONI DI ALBERT
EINSTEIN
"Non possiamo pretendere che le cose cambino,
se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande
benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta
progressi.
La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce
dalla notte oscura.
E' nella crisi che sorgono l'inventiva, le
scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso
senza essere superato.
Chi attribuisce alla crisi i suoi
fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più
valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi è la crisi
dell'incompetenza.
L'inconveniente delle persone e delle nazioni è
la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d'uscita.
Senza crisi non
c'è merito.
E' nelle crisi che emerge il meglio di ognuno,
perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di
crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il
conformismo.
Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per
tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler
lottare per superarla."
Albert Einstein
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